Rauchstrasse, Berlino, 1983
G. Grassi
All’inizio questo lavoro è stato preso un po’ come una scommessa. Una scommessa rispetto a dei condizionamenti del progetto di cui sfuggiva la ragione. Non si capiva il senso del volume che era dato. Il perchè delle sue misure. Il nome di Urban-Villa poteva solo far intuire le intenzioni del progetto urbanistico. Un volume troppo largo e troppo alto per una casa isolata, troppo esiguo per un blocco edilizio.
Il progetto è stato fin dall’inizio il tentativo di riportare il volume dato a una dimensione di plausibile normalità. Di riportarlo alla dimensione di un corpo edilizio usuale. E’ questa la ragione del piccolo cortile aperto a nord. E dell’ostinazione a difenderlo. Quel cortile doveva mettere in discussione le dimensioni del blocco; e dargli un’unità di misura.
Più che una casa compiuta in sè, il progetto sarebbe stato un frammento di edificazione: i due corpi che delimitano il cortile ne avrebbero indicata la direzione. Nel corso del lavoro e delle trattative con il costruttore il progetto, forse, ha perso parte della sua chiarezza e il cortile è diventato poco più che una fessura. Malgrado ciò l’immagine iniziale è rimasta (se non altro per comparazione con i blocchi limitrofi): con la sua figura incompiuta che ricorda piuttosto i pochi sopravvissuti frammenti della vecchia “steinerne Berlin”.
La casa non è esattamente come si sarebbe voluta (cioè il cortile a nord più ampio e profondo, il loggiato a sud più arretrato rispetto ai due corpi laterali), ma se ne possono capire le ragioni.
Testo di Giorgio Grassi pubblicato in “G. Grassi I progetti, le opere e gli scritti”, Electa, Milano 1996.